Questo commento viene scritto quando è in corso la XII edizione di Mantovarchitettura (aperta fino al 13 giugno), quest’anno dedicata al tema “Architettura e conflitto”. Il festival riflette sulla tematica dei conflitti, delle migrazioni umane forzate e, ovviamente, sull’imprescindibile problematica dei cambiamenti climatici in atto. Argomenti attuali, forti, drammatici, sviluppati dell’ambito di un progetto culturale ideato e messo in atto dal Polo Territoriale di Mantova del Politecnico di Milano, nell’ambito della Cattedra UNESCO in Pianificazione e tutela architettonica nelle città patrimonio dell’intera umanità.
L’iniziativa, promossa dal 2012, propone quest’anno un notevole programma formato da workshop, conferenze, convegni, incontri e mostre, eventi condotti e curati da alcuni protagonisti della cultura e del progetto architettonico internazionale. Mantovarchitettura 2025 offre un programma con quaranta eventi, quattro mostre e oltre ottanta ospiti dell’architettura internazionale tra i quali Sandro Balducci, Francesco Bandarin, Lorenza Baroncelli, Manuel Cervantes Céspedes, Alberto Ferlenga, Ekaterina Golovatyuk, Giancarlo Mazzanti, Yasmine Makaroun, Ana Pereira Roders, Rudy Ricciotti, Ana Tostões, Cristián Undurraga e Tiantian Xu. Significativa la mostra “Oltre il muro. La città immaginata dagli ex manicomi italiani” dedicata alle molteplici sperimentazioni architettoniche sorte in alcuni fra i siti geografici più conflittuali del Novecento, gli ex ospedali psichiatrici sul suolo italiano.
Il programma prende il via dal dialogo tra Daniel Libeskind e Ievgeniia Gubkina, progettista ucraina chiamata a discutere del delicato tema della guerra nel suo Paese, guerra che il potere sovietico insiste nel chiamare “operazione militare” e che così tanta distruzione ha provocato in terra ucraina. La guerra è guerra e non esiste battaglia senza distruzione e devastazione: lo vediamo tutti i giorni nel mondo; i media si occupano solo dei conflitti a noi adiacenti, dimenticandosi colpevolmente della decina di conflitti che coinvolgono altre parti considerate meno “nobili” della terra.
Queste le drammatiche parole che si contrappongono tra loro pensando a questa guerra e più in generale a tutte le altre: da un lato, trauma, distruzione, devastazione, degrado e, dall’altra parte, ricostruzione, pensiero, speranza, futuro.
A Mantova si discuterà di questo e di molto altro: il programma non è solo ricco di eventi ma è pensato con l’intelligenza di non sapere cosa il futuro riserverà al mondo dell’architettura (e non solo), mai così diviso tra l’esigenza di dare futuro ai nuovi paesaggi e la paura che la storia si arresti per sempre. I paesaggi attendono sempre la pace ma la natura dell’uomo, la sua riconosciuta stupidità improntata alla bellicosità, rende difficile se non impossibile leggere il futuro dell’habitat.
Ce lo confermano le parole del Prorettore del Polo mantovano, Prof. Davide Del Curto: “nessuna struttura sociale ha veramente neutralizzato il conflitto, che è divisivo quando costruisce muri o traccia confini, ma può essere motore del progresso sociale quando anima le rivoluzioni. Evidenzia, spesso drammaticamente, la necessità di un cambiamento”.