Mandelli e Baldocchi: “raccontiamo una nuova forma di bellezza fragile, sospesa tra organico e digitale”

Digitale, materico, natura, tecnologia, sperimentazione, inclusione, riflessione: sono queste le tematiche che si intrecciano nel progetto artistico Fioriture Sintetiche, firmato da Matteo Mandelli e Luca Baldocchi.

Ho incontrato per la prima volta Matteo Mandelli ai tempi del lancio di The Contact, progetto in cui la gestualità dell’artista trasformava lo schermo da semplice supporto digitale a componente essenziale dell’opera. Mandelli cerca da sempre di stabilire una relazione diretta con il suo pubblico – dalle performance al nome d’arte “You”. Quando poi ho scoperto il lavoro di Luca Baldocchi, ho subito pensato che la sua “creatività” fosse perfetta per dialogare con quella di Matteo. Insieme, con Fioriture Sintetiche, affrontano temi cruciali come sostenibilità e inclusione, come dimostra l’ultima evoluzione del progetto The Digital Greenhouse, presentata in occasione della fiera Cosmoscow: i proventi dalla vendita delle opere andranno infatti a finanziare la nascita del primo Centro Risorse per l’Autismo a San Pietroburgo. Se una delle grandi sfide dell’era contemporanea è l’impiego etico dell’intelligenza artificiale, anche nel mondo dell’arte, la riflessione sul valore dell’inclusione e dei progetti partecipati emerge oggi come necessaria e urgente.

Chi è YOU? Dalle Performance al Digitale: qual è il cuore della tua ricerca personale?

Matteo: Alla base della mia ricerca c’è un gesto diretto, un movimento che nasce dall’urgenza di andare oltre. Per me l’arte non è mai contemplazione passiva: è un invito ad agire, a mettersi in gioco, a diventare parte del processo. Io stesso vivo ogni progetto come un salto, un esperimento che mi spinge fuori dall’abitudine e mi costringe a confrontarmi con ciò che non conosco. Lo stesso vale per chi guarda: senza il suo sguardo attivo, senza il suo coinvolgimento, l’opera rimarrebbe incompleta.

La mia pratica ha tre fili conduttori che si intrecciano. La performance, che mi tiene vivo e in movimento: ogni azione è una prova di coraggio, un’apertura verso l’altro, un’occasione per incontrare e includere lo spettatore. La sostenibilità, che non è per me un concetto astratto ma una necessità: dare nuova vita a ciò che sembra scarto, trasformare ciò che è considerato rifiuto in possibilità. E infine il digitale, che non uso come spettacolo effimero, ma come linguaggio quotidiano e umano, capace di generare riflessione e relazione. Il cuore, però, resta sempre l’uomo. Ogni taglio, ogni fiore sintetico, ogni installazione è in realtà un varco: un invito ad aprirsi, a guardare oltre la superficie, a incontrare ciò che non conosciamo ancora. È lì che l’arte accade: nel momento esatto in cui l’opera e l’osservatore si riflettono l’uno nell’altro e nasce qualcosa che prima non c’era.

Luca, il tuo percorso ti ha portato da Cremona a Londra, dal design d’interni alle installazioni digitali, fino al riconoscimento da parte di Forbes come voce innovativa della nuova generazione artistica. Se dovessi descrivere “il viaggio” che ti ha reso l’artista che sei oggi, quali passaggi consideri fondamentali per capire davvero chi è Luca Baldocchi?

Luca: Cremona è la mia città, ci sono nato, ci vivo, anche dopo le parentesi all’estero, qualcosa mi attrae ad essa e la cosa mi piace. Nasco come interior designer: un ambito che mi ha dato disciplina, metodo e la capacità di trasformare un’idea in qualcosa di concreto. Con il tempo, però, ho capito che quella disciplina poteva diventare la base per un linguaggio più libero. Il design mi ha insegnato a costruire, ma l’arte mi ha permesso di andare oltre: di unire rigore e immaginazione, struttura e sperimentazione. Londra è stata la svolta che mi ha permesso di liberare questa tensione creativa e di trovare nell’arte il mezzo ideale: un linguaggio capace di tenere insieme progettualità e libertà, ma anche di far emergere con forza ciò che di solito passa inosservato. Parallelamente, sono sempre stato un osservatore: mi affascinano le persone, i loro comportamenti, le scelte che compiono spesso inconsapevolmente condendo la monotonia quotidiana della propria vita. 

Attraverso l’arte ho iniziato a raccontare e a mettere in evidenza proprio quei lati della psiche umana e della società che spesso vengono nascosti, ignorati, a volte rinnegati. Viviamo in una società dove c’è una pressione costante a mostrarsi perfetti, si fanno scelte per compiacere gli altri, e in questo processo molti aspetti reali e fragili vengono messi da parte. Io scelgo di portarli alla luce: sono cose che tutti vediamo, ma da cui siamo quasi anestetizzati.

Il risultato delle mie opere sono io, un utente qualunque (user_1973511) che mediante colori, forme e rigorosità dentro un apparente caos descrive delle personalità e racconta eventi che popolano il sistema.

Siete due artisti con percorsi diversi ma complementari: uno più legato alla dimensione performativa e concettuale, l’altro al design e alla sperimentazione digitale. Quando avete iniziato a collaborare insieme e come avete conciliate le vostre visioni artistiche?

Matteo & Luca: La collaborazione è nata circa un anno fa con il progetto Fioriture Sintetiche. È un percorso che si fonda su emozioni forti e vere: empatia, amicizia, desiderio di evolvere insieme.

Il nostro rapporto è autentico: ognuno porta la propria visione, ma con rispetto e ascolto reciproco. Questo ci ha permesso di creare un linguaggio comune senza perdere le nostre specificità. In realtà non si tratta di conciliare, ma di stimolare continuamente l’altro ad andare oltre i propri confini.

Parliamo di “Fioriture Sintetiche”: questo progetto realizzato a 4 mani esplora il rapporto tra natura e intelligenza artificiale.

Matteo & Luca: Fioriture Sintetiche nasce in Indonesia, in un periodo di lavoro a distanza. Avevamo chiaro il messaggio: raccontare una nuova forma di bellezza fragile, sospesa tra organico e digitale. La prima tappa è stata Cremona, con la serra nella Loggia dei Militi. Ogni fiore nasce dall’unione di fiori reali raccolti e catalogati e fiori reinventati in digitale. Poi Bologna, durante Arte Fiera, con un’installazione di grande impatto. A Dubai, durante Art Dubai, il progetto si è evoluto nella serie Cyborg: fiori ibridi meccanici, che esplorano l’incontro tra natura e tecnologia in una chiave ancora più radicale. Ora a Mosca, con The Digital Greenhouse, il progetto ha trovato una nuova voce, ancora più collettiva e inclusiva.

L’intelligenza artificiale entra nelle vostre Fioriture Sintetiche come strumento creativo ma anche come lente di ingrandimento: nel dialogo tra organico e artificiale, tra botanica reale e fiori digitali, quale spazio occupa la ricerca scientifica sulla natura?

Matteo & Luca: La ricerca scientifica è per noi una lente. L’intelligenza artificiale amplifica la natura: ingrandisce, muta, reinterpreta. Non vogliamo contrapporre organico e artificiale, ma mostrare come possano potenziarsi a vicenda. La scienza ci offre dati e strumenti; l’arte li trasforma in visioni ed emozioni. Le Fioriture sono questo: un incontro tra precisione e poesia.

In occasione della fiera Cosmoscow avete presentato The Digital Greenhouse – una nuova versione di Fioriture sintetiche realizzata utilizzando i disegni di bambini con autismo, reinterpretati nel vostro linguaggio digitale. Un progetto potremmo dire collettivo e per un’ottima causa.

Matteo & Luca: A Cosmoscow abbiamo presentato una nuova versione di Fioriture Sintetiche, creata a partire dai disegni floreali realizzati da bambini nello spettro autistico. Li abbiamo reinterpretati e animati digitalmente. È stato un progetto corale, che ha dato voce a una creatività spontanea e pura. La loro immaginazione è diventata seme per una narrazione nuova, fatta di inclusione e visione.

L’installazione non è solo poetica, ma anche sociale: i proventi andranno a sostenere la creazione del primo Autism Resource Center di San Pietroburgo. Quanto è importante per voi che l’arte diventi anche strumento di responsabilità collettiva?

Matteo & Luca: Oggi più che mai l’arte non può limitarsi a provocare: deve costruire. Questo è da sempre il cuore di Fioriture Sintetiche. Non ci interessa stupire e basta: vogliamo punzecchiare lo spettatore, sì, ma lasciandogli in mano una possibilità, una proposta, una visione alternativa. Per noi l’arte è responsabilità. Deve generare valore, contribuire a creare nuove consapevolezze. The Digital Greenhouse ne è un esempio: un’opera poetica, ma anche sociale, con un impatto concreto.

Quali i vostri progetti futuri? Ci potete dare qualche anticipazione?

Matteo & Luca: Dopo Mosca vogliamo portare questa evoluzione del progetto anche in Italia. Stiamo già lavorando a un nuovo capitolo di Fioriture, che esplorerà il tema della leggerezza e del volo: fiori che non si limitano a sbocciare, ma si librano, si trasformano in presenze volatili. Parallelamente, entrambi continuiamo le nostre ricerche individuali, ma sempre con uno sguardo condiviso: quello di andare oltre i confini, contaminare linguaggi e aprire nuove possibilità.

1 commento

  1. San Pietroburgo? Oppure Strasburgo, dove il 9 luglio si è tenuta la conferenza internazionale per capire il fenomeno dei bambini deportati dall’Ucraina?

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