Il Linguaggio Primordiale del Tessere
Quando le mani umane iniziarono a intrecciare i primi fili, nacque più che un semplice supporto materiale: si creò una delle metafore più potenti e persistenti dell’immaginario occidentale. La tela, prima ancora di diventare il campo privilegiato della pittura, si impose come simbolo universale dell’atto creativo, della costruzione del senso e della tessitura stessa dell’esistenza.
L’origine dell’uso della tela come supporto pittorico si perde nell’antichità ma il suo valore simbolico affonda radici ancora più profonde nella cultura umana. Non è casuale che il termine latino textus – da cui deriva la nostra parola “testo” – significhi letteralmente “tessuto”, come annotava Roland Barthes ne Il piacere del testo, rivelando una connessione ancestrale tra l’arte di tessere e quella di scrivere.
Le Tre Età della Metafora
Nella tradizione classica, la metafora della tessitura era indissolubilmente legata al destino. Le Parche della mitologia greco-romana tessevano il filo della vita umana, mentre Penelope, nell’Odissea, faceva e disfaceva la sua tela in un gesto che trascendeva l’attesa per diventare metafora del tempo ciclico e della speranza che resiste.
Nella Divina Commedia l’origine della metafora è ben chiarita dal Landino: “Parla per traslazione chiamando la vita (ch’essa cominciò nella religione, ma non la finì) tela, della quale essa non trasse la spola… insino alla fine; perciò che la spola è quella che conduce il filo della trama di qua in là tanto che la tela s’empie”. In questi versi emerge una concezione della vita come opera in corso, dove ogni gesto umano aggiunge un filo all’ordito universale.
Il Seicento trasformò radicalmente l’uso della metafora tessile, inserendola in una poetica dell’ingegno e della meraviglia. La metafora è descritta come la figura retorica più ingegnosa e straordinaria, capace di connettere idee e immagini di oggetti distanti tra loro. Emanuele Tesauro, nel suo Cannocchiale aristotelico, teorizzava che più la metafora fosse ingegnosa, più essa avesse valore poetico.
La tela barocca non era più semplice supporto del racconto, ma dispositivo di stupore, capace di “ligare insieme le remote e separate nozioni”. In questa visione, l’artista diventava un tessitore cosmico, capace di creare connessioni inedite tra elementi apparentemente inconciliabili, proprio come dalla meraviglia nasce il piacere.
Il Novecento ha rivoluzionato definitivamente la metafora della tela attraverso il pensiero critico di Roland Barthes. Barthes traccia un’analogia tra testo e tessuto, dichiarando che un “testo è un tessuto di citazioni”, tratte da “innumerevoli punti di cultura”, piuttosto che da un’esperienza individuale.
Questa concezione frantuma l’idea romantica dell’autore come origine unica del significato. Il testo è uno spazio a più dimensioni, in cui si oppongono diverse scritture, nessuna originale: il testo è un tessuto di citazioni. La tela moderna non è più il luogo dove si dipinge un’unica verità, ma lo spazio dove si intrecciano infinite voci, infinite possibilità interpretative.

La Fenomenologia dell’Intreccio
La metafora del tessuto trova uno sviluppo particolare nell’opera di Walter Benjamin, che ne fa strumento di riflessione storica e critica. Benjamin parla di “quel gruppo definito di fili, che rappresenta la trama di un passato nell’ordito del presente”, rovesciando la concezione tradizionale della storia come sequenza lineare.
Per Benjamin, il lavoro del critico è simile a quello di un tessitore che sappia riconoscere “certi fili che per secoli sono andati perduti e che il corso attuale della storia riprende di colpo e quasi inavvertitamente”. La storia diventa così un immenso telaio dove passato e presente si intrecciano in configurazioni sempre nuove, sempre da decifrare.
La ricchezza della metafora tessile l’ordito è costituito dai fili longitudinali e viene teso in modo longitudinale, mentre la trama è costituita dai fili orizzontali che vengono intrecciati con l’ordito. Questa struttura tecnica si traduce in una vera e propria ontologia del significato.
L’ordito rappresenta la struttura stabile, la tradizione, i codici consolidati; la trama costituisce l’elemento dinamico, l’innovazione, la sorpresa che attraversa e rinnova la tradizione. Ogni opera d’arte, ogni testo, ogni gesto umano significativo nasce da questo intreccio dialettico tra conservazione e trasformazione.
Nella cultura contemporanea, la metafora della tela ha trovato nuove declinazioni. Nel corso del XX secolo, la pittura si fa più materica e non è più, come in passato, una riproduzione mimetica bidimensionale della realtà. Artisti come Alberto Burri hanno letteralmente incorporato elementi tessili nelle loro opere, creando opere caratterizzate da sacchi di juta attaccati sulle sue tele, in cui la texture non si riferisce soltanto a quella del colore spatolato ma anche a quello della trama del tessuto di juta.
Questa evoluzione rivela come la metafora della tela abbia saputo adattarsi ai linguaggi dell’arte contemporanea, mantenendo intatta la sua forza espressiva. La texture diventa elemento semantico autonomo, capace di veicolare significati che vanno oltre la rappresentazione tradizionale.
La Tela Come Filosofia
La persistenza della metafora tessile attraverso i secoli testimonia la sua capacità di esprimere qualcosa di fondamentale nell’esperienza umana. Come osservava Roland Barthes: “Sperduto in questo tessuto – questa tessitura – il soggetto vi si disfa simile a un ragno che si dissolva da sé nelle secrezioni costruttive della sua tela”.
In questa immagine suggestiva si condensano secoli di riflessione: l’artista che si perde nella propria opera, il lettore che si smarrisce nel testo, l’essere umano che si scopre intessuto in una trama di relazioni che lo precedono e lo superano. La tela diventa così metafora dell’appartenenza e dell’alienazione, della creazione e della dissoluzione.
Al di là delle sue applicazioni specifiche nell’arte e nella letteratura, la metafora della tela si configura come una vera e propria filosofia dell’esistenza. Essa suggerisce che la realtà non sia data una volta per tutte, ma costantemente tessuta e ritessuta attraverso l’intreccio di gesti, parole, sguardi, interpretazioni. La tela diventa così metafora della contemporaneità universale, dove passato e presente si intrecciano in configurazioni sempre nuove.
Il tempo su tre dimensioni: la Scienza Riscopre l’Antica Metafora
Dopo secoli di elaborazioni artistiche e filosofiche, la metafora della tela ha trovato un’eco inaspettata nella fisica teorica contemporanea. Una nuova teoria proposta dal fisico Gunnar Kletetschka suggerisce infatti che il tempo, contrariamente alla nostra percezione quotidiana, potrebbe non essere unidimensionale come una linea che scorre dal passato al futuro, ma possedere tre dimensioni, proprio come lo spazio che ci circonda.
Secondo questa rivoluzionaria prospettiva, il nostro universo fisico – tutto ciò che vediamo, tocchiamo e sperimentiamo – sarebbe in realtà una “superficie” che emerge dall’intreccio di queste . È come se la realtà fisica fosse il disegno che appare su una tela quando diversi fili temporali si intrecciano secondo pattern complessi e ancora misteriosi.
La teoria di Kletetschka ribalta la concezione tradizionale della fisica: se Einstein ci aveva mostrato che spazio e tempo sono intrecciati in un unico tessuto chiamato spazio-tempo, questa nuova visione suggerisce che il tempo sia il vero protagonista, una tela tridimensionale dalla cui tessitura emerge, come effetto secondario, lo spazio che abitiamo.
Ciò che rende affascinante questa teoria è la sua capacità di essere verificata sperimentalmente, distinguendola dalle precedenti speculazioni puramente matematiche. Come un tessitore che può mostrare concretamente il risultato del suo lavoro, Kletetschka ha trasformato un’idea astratta in una proposta scientifica testabile.
Così, la metafora che per millenni ha nutrito l’immaginazione di poeti, artisti e filosofi trova una risonanza inattesa nella descrizione più avanzata della natura fisica della realtà. La tela dell’arte e quella del cosmo si rivelano forse espressioni diverse di una stessa intuizione profonda: che l’esistenza sia sempre frutto di un intreccio, di una tessitura che va oltre la nostra percezione immediata, creando dalla molteplicità dei fili l’unità dell’esperienza.
Bibliografia
Fonti Primarie
Barthes, Roland
- Il piacere del testo, Einaudi, Torino 1975
- La morte dell’autore, in Il brusio della lingua. Saggi critici IV, Einaudi, Torino 1988
- Variazioni sulla scrittura seguite da Il piacere del testo, Einaudi, Milano 2020
Benjamin, Walter - Eduard Fuchs, Der Sammler und der Historiker, in Opere complete
- Il narratore. Considerazioni sull’opera di Leskov, Einaudi, Torino
- Tesi di filosofia della storia, in Angelus Novus, Einaudi, Torino
Tesauro, Emanuele - Il cannocchiale aristotelico, Torino 1670
Fonti Classiche
Dante Alighieri
- Divina Commedia, con commento di Cristoforo Landino
- Voce “Tela”, Enciclopedia Dantesca, Treccani, Roma
Studi Critici e Teorici
Danto, Arthur
- After the End of Art: Contemporary Art and the Pale of History, Princeton University Press, 1997
Giglioli, Daniele - “Barthes e la letteratura”, Il Verri, 2016
Arte Contemporanea
Dorfles, Gillo
- Preferenze critiche, uno sguardo sull’arte visiva contemporanea, Edizioni Dedalo, Bari 1993
Fisica Teorica
Kletetschka, Gunnar
- “Three dimensions of time: An approach for reconciling the…”, Journals Sage, 2024
- “Three-Dimensional Time: A Mathematical Framework for…”, World Scientific, 2025
Riferimenti Online Verificati
- “New theory proposes time has three dimensions, with space as a secondary effect”, Phys.org, 2025
- “A Revolutionary New Physics Hypothesis: Three Time Dimensions”, SciTechDaily, 2025
- “Texture“, Consulenza Linguistica, Accademia della Crusca
- “Pittura su tela”, Wikipedia (consultato febbraio 2025)
Saggi e Articoli Specialistici
Prete, Antonio
- “I racconti di Walter Benjamin”, Doppiozero, 2019
Various Authors - “La metafora e i neuroni: stato dell’arte”, ResearchGate, 2012
- “Filo, trama, tessuto. Linguaggi dell’arte contemporanea”, Tesi IUAV Venezia, 2015



