La città immobile: Nina Silverberg e la geografia emotiva di Roma

Fondata nel 2019 a Latina, la galleria Monti8 si è affermata rapidamente come una delle realtà più interessanti nel panorama dell’arte contemporanea italiana. Il suo programma curatoriale si concentra sull’individuazione e la promozione di giovani talenti, con un’attenzione particolare agli artisti internazionali, provenienti da Stati Uniti, America Latina e Asia. Tra i linguaggi prediletti spicca la pittura figurativa, spesso impiegata per esplorare temi delicati come l’identità di genere, la malattia e il rapporto tra la propria intimità spirituale e la realtà esterna.

Monti8 è attiva ora in uno dei quartieri più vivaci e culturalmente attivi di Roma, ovvero San Lorenzo. Ha inaugurato mercoledì 7 maggio la mostra personale di Nina Silverberg (classe 1994), anticipando il taglio del nastro per la terza edizione del “Contemporanea – Roma Gallery Weekend”. Infatti, nel fine settimana tra venerdì 9 e domenica 11 maggio trentaquattro gallerie d’arte sono rimaste aperte, in un’imprevista storica concomitanza con la fumata bianca e l’elezione del nuovo pontefice, Leone XIV.

La nuova mostra Nina Silverberg – Homesick mette in scena il sentimento di una pittrice americana di origini, ma nata a Roma e trapiantata a Londra da molti anni. Un concetto di “casa”, dunque, che le è particolarmente a cuore. Per la prima esposizione nella sua città natale, Silverberg ha realizzato una serie inedita di nove lavori in cui i veri protagonisti sono dei paesaggi urbani immobili, definiti da tetti, poche finestre ed edifici di dimensioni eterogenee che si intersecano l’uno sull’altro. Appaiono tanto elementari nella struttura quanto armoniosamente disposti, come se seguissero le regole di una composizione musicale. Sembrano luoghi abbandonati, inquietamente calmi. La città sta dormendo?

I dipinti di Nina Silverberg sono, dunque, caratterizzati da un’energia silenziosa, una tavolozza di colori tenui e, spesso, da un piccolo formato. Sono contraddistinti da una quiete solitaria e da un’intimità implicita. I libri, privi di scrittura, incarnano una fuga verso quel regno interiore accogliente. Al tempo stesso malinconici e rassicuranti, suggeriscono una fragilità intrinseca ed empatizzano con lo spettatore proponendo un meccanismo comune di adattamento alla condizione contemporanea.

Il testo critico è di Maria Vittoria Pinotti, che racconta: “In questa pittura ridotta all’essenziale e priva di furbizia, i toni sono modulati su pochi accostamenti terrosi, disposti in campiture esatte, quasi come se fossero distribuiti da un piatto strumento timbrico. Lo spazio è geologico, indaga lo sviluppo delle forme nello scorrere del tempo sino a creare una stabile tensione tra l’immobilità e una loro possibile mutazione”.

Città metafisica Roma, città fatta di tetti e di pioggia, di architettura senza finestre o di edifici senza pareti, come templi residuali di un tempo senza tempo. Nina Silverberg legge una città di archetipi, di memorie, di sogni. Ma anche di segni, di tracce. Un urbanesimo consolidato nel tempo esprime blocchi di abitazioni, agglomerati indifferenziati dove la figura umana è stata inglobata o addirittura espulsa. Comunque non c’è, non è visibile, è metaforicamente assente. Roma è città eterna, ma lo è perché immobile, sempre uguale a se stessa eppure profondamente diversa a seconda della prospettiva.

Nina Silverberg scrive in pittura un atto d’amore alla “sua” città, quella che l’ha vista nascere e da cui si è staccata. La città è la casa. Così nasce quel sentimento di homesick, quella nostalgia di “sentirsi a casa”, di “essere casa”. E poi, tutto va inquadrato nel luogo stesso della mostra, il quartiere San Lorenzo.

Qui gronda la storia, qui la pioggia ricorda le bombe sulle abitazioni. Qui si è fatta “La storia”, quella che è romanzo e verità, qui si può narrare di un’Italia che ha resistito e che si è rigenerata. Qui in via degli Ausoni a partire dagli anni Ottanta l’arte ha trovato fertili menti e si è fatta scuola, officina. La pittura si è impastata con le inquietudini e i fantasmi della città. Roma ha preso corpo senza essere vista e raccontata, ma c’era nelle pieghe di ogni dipinto. Ci può essere “homesick” anche rimanendo a casa o essendo casa altrove. Nina Silverberg rende con il suo ritorno a casa un omaggio alla “sua” Roma, a quella del dramma bellico, ma anche a quella degli splendori dell’Urbe, entrando in punta di piedi in un quartiere, in un luogo che è fatto di arte.

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