Un cantiere interrotto lasciato volutamente incompiuto, nonostante gli interventi successivi e l’aggiunta di nuovi elementi architettonici, come l’acciaio o il balcone di vetro sospeso nel vuoto. Il Castello di Rivoli si presenta così al suo pubblico, con un corpo segnato dal suo passato. Il Castrum Riuollum, come veniva chiamato l’edificio fortificato originario, ha celebrato da poco meno di un anno i suoi primi quarant’anni di attività dedicata all’arte e alla cultura.
Inserzioni è il nuovo “programma di commissioni” curato dal direttore Francesco Manacorda, con cadenza semestrale, che vuole essere un’occasione di dialogo e di scambio tra la collezione permanente del museo e le opere degli artisti invitati. Un’iniziativa sostenuta da Radical Commissioning Group, un piccolo gruppo di benefattori. Gli artisti selezionati per questa prima edizione sono Guglielmo Castelli (Torino, 1987), Oscar Murillo (La Paila – Colombia, 1986) e Lydia Ourahmane (Saïda, Algeria, 1992), le cui opere saranno visibili fino a febbraio 2026 all’interno delle sale storiche.

La pittura di Guglielmo Castelli brulica di corpi inattesi. Forme che appaiono in conflitto tra il mostrarsi e il sottrarsi alla pittura stessa. La pittura è un mezzo funzionale alla narrazione, come racconta l’artista, e la narrazione si snoda attraverso un immaginario che richiama l’infanzia, in cui i corpi in cerca di definizione sono colti nel tentativo di liberarsi dalle costrizioni imposte dalla società. Tele minuscole come quella sopra il camino o il quadro di quasi tre metri intrecciano un dialogo delicato con gli affreschi all’interno della sala dei Continenti. Quello di Castelli è un mondo in grado di creare “mappe in cui accadono cose”. Le maquette chiuse in teche di vetro, esposte per la prima volta, sono nate dalla sua pratica come scenografo. Stanze in miniatura in cui i personaggi e gli oggetti di carta, come i guanti o la camicia, sembrano sfuggire alla bidimensionalità della tela per manifestarsi intorno ai tavoli. Oggetti questi ultimi, espressione di momenti quotidiani e familiari ma anche rappresentazione del potere. Nel corridoio sono esposti i taccuini, il vero spazio privato dell’artista, lì dove nascono le idee, sono custodite memorie, pensieri e bozzetti prima di diventare opere, insieme agli scarti di lavorazione che vivono un’altra vita.

Se la tela per Castelli è una scenografia in cui la pittura racconta una storia intima e fiabesca, per Oscar Murillo è traccia di un’emotività collettiva che mappa culture e geografie. Al piano superiore l’artista colombiano ha pensato a un’installazione suggestiva, A see of history, 2025, che sarà acquistata dal museo. Murillo ha selezionato 48 tele della serie Frequencies per assemblarle in un’opera unica. La serie nasce nel 2013 con l’intento di lasciare sui banchi delle scuole di tutto il mondo tessuti su cui gli studenti sono invitati a intervenire. L’artista li cuce creando dei pannelli che diventano metafora di un dialogo interculturale, mostrando su un lato il passaggio degli studenti e sull’altro il suo con la pittura a olio che si addensa e si stratifica di materia blu. Un richiamo visivo e linguistico al mare come il titolo dell’opera, in cui la parola “sea” (mare) è scritta come se significasse “see” (vedere). Ed è esattamente ciò che fa il pubblico: guarda in maniera non convenzionale il suo lavoro monumentale di 150 metri quadrati posizionato a 75 centimetri dal pavimento, strisciando al di sotto con dei lettini a rotelle e una torcia sulla testa, mentre sulla parte superiore restano le cuciture e la struttura su cui è fissato.

Anche l’opera performativa pensata da Lydia Ourahmane si fonda su un principio di condivisione collettiva e di relazione tra le parti. Per voce, 2025, realizzata con la sorella Sarah Ourahmane, compositrice e musicista, rileva le interferenze oggettive legate all’architettura dello spazio e a quelle personali dei cantanti. Si tratta di una partitura in lingua Braille scritta sulle pareti nella sala dedicata a Michelangelo Pistoletto con il lavoro degli anni 90 dal titolo L’architettura dello specchio. L’opera specchiante, che prevede per sua stessa natura l’interazione del pubblico, si porta dietro i molteplici significati sulle possibilità di riflessione oggettiva e concettuale, in quanto spazio eterotopico per eccellenza. Anche per Ourahmane lo spazio, con le sue interruzioni come le finestre o le aperture di passaggio tra gli ambienti del museo, agisce sul componimento. Scandisce le pause e la lunghezza, intervenendo nell’esecuzione dei tre cantanti con disabilità visive. Due le partiture eseguite, mentre tre altoparlanti fissati su un sistema di scorrimento riproducono i suoni e i movimenti degli stessi.
In occasione di Inserzioni vengono presentate l’opera vincitrice del premio Collective e due nuove acquisizioni. Il premio è promosso da un’associazione di collezionisti a sostegno di artisti sotto i 35 anni, ha cadenza biennale e prevede un contributo di 20.000 euro. Per questa seconda edizione, la scelta è ricaduta su Adji Dieye (Milano – Italia, 1991) con Culture Lost and Learned by Heart: Butterfly, 2021. Un’installazione costituita da un rotolo di seta stampata in serigrafia, sostenuta da una lastra in metallo, che si interroga sulle modalità di narrazione della storia, attingendo all’archivio personale dell’artista e all’Archivio Iconografico Nazionale del Senegal. Le immagini selezionate mostrano soggetti o solo parti di quei corpi che si muovono lungo la fragilità del materiale (la seta), in un parallelismo con la memoria della narrazione. Due, invece le nuove acquisizioni per il museo avvenute grazie a due bandi pubblici promossi dal Ministero della Cultura, l’opera Mare con gabbiani, 1967 di Piero Gilardi con il PAC – Piano per l’Arte Contemporanea, e la serie fotografica a.C., 2017 di Roberto Cuoghi con Strategia Fotografia, 2024.

La Fondazione Francesco Federico Cerruti, che collabora con il Castello di Rivoli dal 2017, ha presentato i progetti Interferenze e Confluenze. Opere di artisti contemporanei “interferiscono” visivamente all’interno della casa-museo, che ospita fino a gennaio 2026 il video Unsettling Genealogies (2024) di Alessandra Ferrini (Firenze, 1984). L’artista indaga attraverso la ricostruzione scenografica degli ambienti recuperando immagini di archivio private e collettive, questioni coloniali e fasciste. Ma anche la storia della Biennale di Venezia, in cui Antonio Maraini aveva avuto un ruolo durante il periodo fascista insieme a Giuseppe Volpi. E proprio da una fotografia di Volpi inizia il lavoro di Ferrini, che può essere visto sedendosi su uno dei letti delle camere della casa-museo. Il secondo è un programma di prestiti che consente di far “confluire” opere provenienti da altre istituzioni all’interno della collezione, innescando nuovi cortocircuiti. Ospite fino a gennaio 2026 Bambina x balcone di Giacomo Balla del 1912, che ritrae la figlia Luce mentre corre sul balcone della casa romana, un prestito dalla GAM – Gallerie d’Arte Moderna di Milano. In continuità con l’attività della fondazione sono pubblicati I Quaderni di Fisica e Metafisica editi da Allemandi, di cui i primi tre numeri curati da Andrea Cortellessa, critico e storico della letteratura.



