Alla Galleria S. Ludovico di Parma prende vita il progetto immersivo che dà corpo, suono e luce al ritratto di un’umanità travolta dalle proprie ossessioni, incarnata in Macbeth. Un’esperienza da vivere mentre il mondo vacilla inesorabilmente e la musica di Verdi fa vibrare ogni cosa.
Quest’anno il Teatro Regio di Parma celebra due anniversari importanti: la venticinquesima edizione del Festival Verdi e il decimo del suo spin-off pop, il Verdi Off. La manifestazione culturale, che si svolge ogni anno nelle terre verdiane da metà settembre a metà ottobre per celebrare la nascita del Cigno di Busseto, ha ricevuto quest’anno anche la Medaglia del Presidente della Repubblica, che sarà esposta nei teatri di Parma e Busseto nei giorni delle rappresentazioni in cartellone.
Il fil rouge scelto per collegare le opere e le installazioni artistiche del 2025 è il legame tra Verdi e Shakespeare. Giuseppe Verdi ha riprodotto in opera lirica molti drammi del poeta e drammaturgo inglese e non ha mai nascosto di ammirare molto la sua comunicatività e la sua indagine dell’animo umano, che d’altronde condivideva con lui. Particolarmente esplicativa in questo termine è una lettera conservata al Museo di Casa Barezzi, a Busseto, scritta dal compositore italiano proprio ad Antonio Barezzi, padre della sua prima moglie e suo grande benefattore. Nello scritto, Verdi si riferisce a “Macbeth”, che sta per debuttare, come il suo migliore lavoro, e chiama il poeta inglese “Papà Shakespeare”, a sottolineare quanto lo sentisse artisticamente e forse umanamente vicino.

È proprio “Macbeth” l’opera scelta dal regista teatrale Damiano Michieletto per il progetto iperrealista che costituisce il fulcro del Verdi OFF di quest’anno. L’opera si chiama “Il sonno uccidesti”, da una frase del libretto dell’opera verdiana che è in cartellone al Festival Verdi, ed è stata realizzata con lo scenografo Paolo Fantin e il contributo del light designer Alessandro Carletti, del sound designer Michele Braga e dello scultore Leonardo Cruciano.
Lo spettatore entra in una scena inizialmente buia, dominata da uno specchio d’acqua che vibra al vibrare delle musiche di Verdi grazie al posizionamento di numerosi altoparlanti al di sotto dell’installazione. Al centro del lago c’è una poltrona, un trono moderno, insomma, il simbolo ultimo del potere, su cui siede la scultura iperrealista di Cruciano. Sopra la scultura, frammenti di vetro a varie altezze, che sembrano stare per crollare sul re scozzese e infrangere l’acqua nera in cui il trono sta sprofondando.

Attraverso le luci cangianti ideate da Braga, siamo catturati dallo sguardo di un Macbeth stralunato, che nel perseguire la sua smania di un potere suggeritogli dalle streghe e rafforzata dalle esortazioni della moglie, si è macchiato dell’omicidio del suo re, dell’amico e dei figli di lui. Ha conquistato il potere, ma il prezzo che ha pagato è la distruzione del suo sogno di elevarsi al di sopra di tutti.
“Macbeth è il ritratto dell’umanità affondata nelle proprie ossessioni che conducono all’isolamento e al dolore psichico. È la perdita di ogni possibilità di ascolto. Dalla bruma scozzese emergono voci e suoni, in una notte destinata a non finire mai perché Macbeth ha ucciso il sonno” – scrivono Michieletto e Fantin nelle loro note di accompagnamento all’opera “Abbiamo intitolato il progetto ‘Il sonno uccidesti’ dal libretto verdiano perché sintetizza al meglio l’idea di ossessione. Macbeth vive in una notte infinita, dove il tempo non scorre e non esiste tregua. L’acqua scura che lo inghiotte è un incubo in continuo movimento, alimentato dalla sua ambizione sconfinata. Sopra di lui, lame di specchi minacciano la caduta del mondo che aveva costruito: il suo peggior incubo che adesso guarda con i suoi stessi occhi.“
E non è solo la tragedia di Macbeth che guardiamo, durante l’esperienza di “Il sonno uccidesti”, perché il re omicida diventa archetipo di noi stessi, della società moderna che pretende perfezione, il raggiungimento del successo, che ci spinge a produrre senza sosta, senza sonno, perdendo relazioni e momenti preziosi per inseguire l’idea cristallina e inumana dell’essere primi, che ci porterà inevitabilmente a frantumarci in mille pezzi.



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