È il 1969 quando si comincia a parlare di paesaggi sonori in ambiente urbano. Tradotto dall’inglese Soundscape (da sound, suono e landscape, paesaggio), il termine indica l’insieme dell’ambiente acustico naturale, consistente nei suoni naturali e degli animali, inclusi gli uomini. Il primo a coniare l’espressione fu il compositore canadese Raymond Murray Schafer, che nel 1977, attraverso il progetto di ricerca World Sounscape Project, riconobbe e definì una nuova ecologia del suono, un approccio in cui sono i suoni a riflettere le caratteristiche ecologiche e culturali del paesaggio. Già negli anni ’70, dunque, nasce una nuova consapevolezza: ascoltare l’ambiente è un atto culturale e politico, utile per comprendere al meglio il nostro rapporto con lo spazio.
Ma oggi, quali sono gli esempi contemporanei di paesaggio sonoro? Possiamo parlare di audiowalk, field recording e di quel mondo dell’arte che prende forma a partire dal rumore delle cicale.

Il primo è una sorta di itinerario sonoro guidato in cui l’ascoltatore, camminando con delle cuffie, viene accompagnato da registrazioni audio. Janet Cardiff, artista canadese, è conosciuta ad esempio proprio per queste installazioni sonore. Tra le sue “audio walks” spicca “Her Long Black Hair” una passeggiata sonora tra i sentieri ottocenteschi di Central Park, New York, un viaggio che ripercorre in stile quasi narrativo le orme di un’enigmatica donna dai capelli scuri, definito come “una complessa indagine sensoriale su luogo, tempo, suono e fisicità, che intreccia osservazioni in stile flusso di coscienza con fatti e finzione, storia locale, musica lirica e gospel e altri elementi atmosferici e culturali” (estratto del comunicato stampa del Public Art Fund, 2004).
Si parla invece di field recording quando si fa riferimento alla registrazione di suoni al di fuori dello studio, spesso con apparecchiature specializzate, conosciuta anche come fonografia. Numerosi artisti si sono cimentati con il field recording e, in particolare, se considerassimo coloro che hanno trasformato il rumore delle cicale in una vera e propria forma d’arte, potremmo restare sorpresi dalla varietà e dalla ricchezza dei risultati ottenuti.

Tra i molti, la designer Anne Niemetz, con l’installazione interattiva “Kihikihi”, esplora i suoni e gli aspetti visivi delle cicale, ispirandosi alla specie neozelandese, conosciuta in lingua maori come kihikihi wawā. Il progetto riflette sull’interconnessione ecologica tra insetti, piante ed esseri umani. Strutture scultoree a forma di albero e dispositivi elettronici a forma di insetto reagiscono all’attivazione dell’utente generanando luci e suoni. Ogni insetto emette un ritmo unico ed insieme creano una nuvola sonora poliritmica che va ad unirsi al suono ambientale prodotto dagli alberi. Viene simulato così un ecosistema acustico naturale che porta inevitabilmente alla riflessione sul ruolo ecologico degli insetti e sulle implicazioni tecnologiche che ne conseguono.

E ancora, Bob Meanza, alias di Michele Pedrazzi, racconta il suono attraverso la sua ricerca artistica. Attivo nel campo della sound art, nel 2013 ha creato dei robot sonori che emulano alcune delle caratteristiche di risonanza e timbro delle cicale. L’installazione “Cicadas” unisce sound design, tecnologia e scienze naturali. Ipnotizzato dal suono di questi insetti l’autore infatti ricrea piccoli insetti robotici sonori, ognuno dotato di un microcontroller, un emettitore sonoro vibrante, batteria e interruttore. Una volta attivate interagiscono con l’ambiente sonoro, fondendosi con i suoni naturali o emergendo in contesti silenziosi. Anche in questo caso ne deriva una riflessione sul rapporto natura, cultura e tecnologia, dove gli insetti robotici non negano la natura, anzi “mettono un accento quasi ironico sul mondo nuovo di cooperazione tra uomo e natura” (Bob Meanza).
Un ultimo esempio più recente è il lavoro del sound artist catanese Simone Spampinato, che si focalizza sulla reinterpretazione della natura e del rumore: un’installazione immersiva ospitata lo scorso anno presso lo Spazio Murka di Firenze. In questo progetto una composizione sonora ricrea il verso delle cicale attraverso dispositivi elettromagnetici e microfoni, pensati per interagire con il pubblico, invitato a intervenire attivamente nella percezione del suono.
Tutti questi sono solo alcuni dei progetti che prendono ispirazione da elementi naturali, le cicale, per riprodurre, reinterpretare o simularne i comportamenti sonori attraverso dispositivi tecnologici. Ci raccontano come l’arte possa tradurre la natura in sistemi tecnologici senza però sostituirla, dando vita a qualcosa che solitamente viene percepito solo come sottofondo. Ne viene così accentuata la complessità e la bellezza, stimolando il pensiero ed interrogativi sui possibili risvolti futuri.


