“Ero ormai completamente immerso in questa vita. Non ero più un uomo civilizzato, ma un selvaggio. Non avevo più bisogno di pensare, ma di vivere. E la natura, che era così bella, così selvaggia, così libera, mi era diventata un’amante, una madre, una sorella”. Così Paul Gauguin descrive la sua esperienza nelle Isole di Tahiti, nella Polinesia francese, un luogo che lo aveva affascinato per la sua lontananza dall’Europa che egli stesso definiva “malata” per i suoi costumi e costrizioni sociali.
Il genio di Gauguin e il suo amore per terre così remote e incontaminate vengono raccontati all’interno della mostra dal titolo Gauguin Il diario di NOA NOA e altre avventure presso il Museo Storico della Fanteria a Roma. Lontana dai prestigiosi prestiti museali, la mostra si focalizza sulla produzione grafica dell’artista: disegni, xilografie e litografie provenienti per lo più da prestiti di collezioni private.

Il percorso espositivo segue una scansione cronologica: dopo aver osservato le fotografie che ritraggono l’artista nei più variegati ambienti (in casa insieme alla moglie Mette e ai cinque figli, oppure all’interno dello studio di Mucha, disegnatore dell’Art Decò), si arriva in una sala dove sono presentate le copie dei disegni contenuti nel taccuino di appunti di Gauguin. Si tratta di schizzi, di bozzetti preparatori per opere che l’artista avrebbe realizzato in un secondo momento, i protagonisti di questi fogli sono: paesaggi, ragazzini, donne bretoni di profilo, e un insolito ritratto di van Gogh intento a dipingere i suoi famosissimi Girasoli. I due artisti si erano conosciuti a Parigi grazie alla mediazione di Théo van Gogh (fratello di Vincent), il quale propone a Gauguin di trasferirsi ad Arles insieme a Vincent ottenendo così un compenso di centocinquanta franchi in cambio di un quadro ogni mese. Questo sodalizio artistico non fu, tuttavia, molto longevo, Gauguin infatti ritorna a Pont-Aven, in Bretagna lasciando definitivamente la Casa Gialla di Arles.

Il cuore della mostra è rappresentato dalla sala dedicata al diario di Noa Noa (ovvero “Profumo”), scritto da Gauguin nel 1895, anno in cui si trasferisce definitivamente a Tahiti. Il libro racconta gli usi e costumi delle genti tahitiane, attraverso la voce narrante di Tehura (nuova compagna dell’artista, dalla quale ebbe anche un figlio). All’interno della sala espositiva si possono ammirare le xilografie tratte dal Diario; tra i soggetti illustrati si riconoscono abitanti dell’isola ed anche simboli maori.
Gauguin negli ultimi anni della sua vita non si dedica soltanto alla scrittura di Noa Noa, ma anche alla stesura di un altro testo: Avant et Après, una sorta di “testamento spirituale”, una raccolta di note sparse cariche di speranze e disillusioni, in cui si parla delle popolazioni che ha conosciuto, della loro semplicità e incontaminatezza rispetto agli europei che si sono allontanati dalla “purezza primigenia”. Tratte proprio da Avant et Après sono le litografie presenti nel percorso espositivo, dove, ancora una volta, si riconoscono paesaggi, abitazioni, volti di donne locali che diventano protagonisti degli ultimi esperimenti dell’artista.

La mostra abbraccia anche le esperienze artistiche “successive” a Gauguin, sono infatti esposti lavori di Maurice Denis, Henry Moret, Maxime Maufra che facevano parte della Scuola di Pont-Aven (di cui Gauguin rappresentava la guida e il punto di riferimento).
La mostra omaggia così il genio di Gauguin, un artista che oltrepassa gli schemi imposti dalla società, che trova il suo mondo “lontano dal mondo”. Il suo stile di vita può essere racchiuso in una frase dello scrittore statunitense Mark Twain: “Sarete più delusi per le cose che non avete fatto che per le cose che avete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete con le vostre vele i venti, esplorate, sognate, scoprite.”


