Il Museo dell’Ara Pacis di Roma si colora con le fotografie di Franco Fontana. Curata da Jean-Luc Monterosso, fondatore e direttore della Maison Européenne de la Photographie di Parigi, Retrospective è la prima grande mostra monografica che illustra il mondo attraverso l’obiettivo del fotografo modenese.
La macchina fotografica, però, non ha sempre fatto parte della sua vita. Fontana lascia presto la scuola per andare a lavorare, finché non viene chiamato per la leva un anno prima del previsto. Nell’unità dei carristi incontra un compagno con una Rolleiflex e ne rimane affascinato. Congedato nel ’56, prende subito una Kodak Retina a noleggio e inizia a scattare per la prima volta. Vaga per la sua città documentando scorci di case, di paesaggi, di vita. Spesso le domeniche si alza alle cinque del mattino, prende il necessario e parte con gli amici per andare a fotografare fin dalle prime luci dell’alba, tornando poi a casa dopo il tramonto, con i rullini pieni.

In un mondo fotografico quasi totalmente in bianco e nero, Franco Fontana è uno dei pochi che vede tutto a colori, aspetto che caratterizza fin dall’inizio i suoi scatti. Ad affascinarlo è anche la geometria, respirata attraverso il fratello architetto, sempre presente nelle linee e nelle forme di edifici, pareti e pavimenti, ma anche nelle distese verdi, gialle, rosse e blu dei suoi paesaggi.
Il genio si percepisce subito, basta ascoltare una sua intervista: il discorso scorre veloce come i suoi pensieri, un fiume concettuale dove ogni frase, ogni parola è illuminante, massi depositati sul fondo dell’acqua. Non esistono riferimenti o paragoni ad altre opere o artisti: la fotografia per Fontana non è un mestiere né una professione, ma è la realtà della vita, la sua vita.

Dietro l’obiettivo, infatti, si nasconde un uomo normale, a cui piace frequentare gli amici e bere lambrusco tutti i giorni, insieme a quattro fette di salame e un paio di barzellette. Certo, la materia prima è a disposizione di tutti, ma ognuno la interpreta a modo suo e Franco Fontana lo fa in una maniera unica da oltre sessant’anni.
Anche la fortuna e il caso accompagnano i suoi scatti, sempre più spesso protagonisti di esposizioni e pubblicazioni sia in Italia che all’estero. La vera svolta, però, avviene intorno ai quarant’anni: il 31 marzo 1976 Fontana abbandona la sua attività di arredamento vendendo la quota al socio. Da questo momento, per tutti i giorni della sua vita, sceglie la fotografia.
Viaggiando tra Europa, Asia e America, vede e vive le situazioni come un pellegrino, gira per la città e immortala tutto ciò che lo attira, creando delle vere e proprie scenografie di opere teatrali urbane e naturali. Ormai scatta ovunque, perfino mentre guida, raggiungendo quella particolare unità tra macchina e fotografo dove l’uno attraversa l’altro e i confini si confondono.

Dagli scatti in diapositiva alla manipolazione delle polaroid, dall’assemblaggio dei collage al digitale, Fontana è un alchimista fotografico che sperimenta di continuo, sempre al passo con i tempi. E come gli alberi che ad ogni stagione mutano le foglie, ma non l’essenza, così anche il suo lavoro cambia continuamente la superficie, ma il nucleo rimane lo stesso. “Il cambiamento è necessario per rimanere ciò che si è”, afferma l’artista, ecco perché nelle sue fotografie si riescono sempre a scorgere quelle linee e quei colori che costituiscono un paesaggio, qualsiasi soggetto sia.
In campagna o in città, al mare o in montagna, nascosto tra le ombre, in mezzo alla gente, nelle curve sinuose dei corpi nudi e sulle strisce dell’asfalto, ogni scatto è un pensiero, un’esperienza che il fotografo porta dentro: è qui che l’invisibile si fa visibile, passando per i suoi occhi. Perché la fotografia per Fontana è, sempre e comunque, un pretesto per manifestare sé stessi e testimoniare al mondo ciò che si vede; dunque, quale miglior modo per farlo se non attraverso quel sentimento che genera vita, modo e metodo di conoscenza della realtà che è il colore?

La domanda è retorica, ma Fontana chiede comunque alla sua fedele compagna di vita che cos’è veramente il colore. Avvicinando poi l’orecchio alla lente dell’obiettivo, la risposta che gli sussurra è questa: “Il colore è quella fusione, quella sintesi, quell’identità, quel comprendere attraverso il tuo cuore e il tuo pensiero per portarti a quello che è il tuo universo, viverlo tutto, significarlo e trasmetterlo”.