“Confessioni”. Intime schegge di vita in mostra da STILL Fotografia

STILL Fotografia a Milano riapre la propria stagione espositiva con la mostra collettiva Confessioni: il realismo fotografico dell’intimità (19 settembre – 25 ottobre 2024), una sorta di diario, parziale, frammentato e necessariamente soggettivo dell’intimità delle sette fotografe coinvolte dal curatore Alessio Fusi: Anna Adamo (1991), Ludovica Anzaldi (1992), Angelina Chavez (1978), Noemi Comi (1996), Sara Grimaldi (1995), Sara Lorusso (1995) ed Enrica Pontin (1974). L’esposizione, attraverso settanta fotografie e diversi approcci al mezzo fotografico, intende proporre un percorso attraverso differenti istantanee personali del vissuto delle artiste ed espressioni del senso dell’intimità nella società contemporanea. 

L’idea di una mostra sulla “vita intima” – così Charlotte Cotton definisce questa modalità fotografica in La fotografia come arte contemporanea – è nata in seguito a un talk tenuto da Alessio Fusi e Denis Curti, fondatore di STILL; quest’ultimo, in quella sede, ha dato avvio a una riflessione sul senso dell’intimità in fotografia a partire dall’Ottocento fino ai giorni nostri e, nel fare ciò, ha dato lo spunto a Fusi per meditare circa il significato che ha assunto l’intimità oggi, in un contemporaneo in cui è sempre più complicato mantenere una riservatezza e i confini tra pubblico e privato diventano sempre più labili. In seguito all’identificazione del tema e delle sette autrici, il curatore ha intrapreso un lavoro collaborativo che ha avuto come esito un percorso composto tanto da progetti inediti, quanto da progetti già noti, ma rielaborati per questa occasione.

Si viene accolti da un video che ha come soggetto due gambe che dondolano su un’altalena, una componente del progetto multimediale Ho visto Nina volare di Sara Grimaldi. Nel suo lavoro, il passato e il presente si intrecciano e performance video, fotografia e poesia si potenziano a vicenda, dando forma a un racconto autobiografico che restituisce, in forma metaforica, il malessere psicologico di Grimaldi e la rilevanza che assume, all’interno della sua ricerca, il tema della salute mentale.

Successivamente, si incontra Proxidium di Noemi Comi, esito di un peculiare lavoro di archivio da cui ha originato un racconto surreale e ironico. Comi ha iniziato a lavorare su un archivio fotografico rinvenuto presso la casa di una vicina in Calabria e il cui protagonista è un medico con la passione per il travestimento, “portavoce [di un] narcisismo kitsch”; in seguito a tale incursione nell’archivio altrui, l’autrice ha cucito dei legami tra la storia del medico, la storia della propria famiglia e la propria regione, per realizzare un progetto incentrato su una tossicità dannosa a livello tanto ambientale quanto sociale. 

L’intimità familiare emerge parzialmente con il progetto di Comi, per esplodere con quelli di Anna Adamo e Ludovica Anzaldi. Con I lift my lamp beside your door, Adamo ha affiancato ai ritratti della madre – soggetto prediletto da otto anni a questa parte, in seguito alla prematura scomparsa del fratello maggiore – quelli della vicina di casa, Alicia, documentandone la crescita. Il progetto, che oltre a essere fotografico è anche una installazione, apre uno spiraglio sull’intimità preziosa di questi micro-universi familiari e domestici, di cura, fiducia e amore, come fossero “delle caverne perennemente in attesa di uno speleologo che, guidato dalla luce del suo coraggio, riesce a svelarne l’esistenza”

Ludovica Anzaldi, con Metamorfosi, oscilla tra un approccio posato, misurato e calcolato e una modalità soggettiva e priva di affettazione, tra il politico e il privato. Dal momento in cui ha scoperto di essere incinta, Anzaldi ha impersonato dodici personaggi femminili, dalla ginnasta alla casalinga, per riflettere su come le differenze sociali impattino sul momento della maternità; questi tableau non possono che richiamare alla mente, sia per l’aspetto formale sia per l’intento, L’invenzione del femminile: Ruoli di Marcella Campagnano, lavoro simbolo della fotografia femminista degli anni Settanta. A questo lavoro, viene accostata una narrazione spontanea e quotidiana della maternità e di ciò che è successo dopo il parto.

L’intimità quale culla e origine della vita emotiva e degli stati d’animo è indagata con il lavoro NEULAND – oltre il confine di Angelina Chavez. NEULAND, parola tedesca che significa “terra nuova, in divenire”, è definita da Chavez “una terra simbolica tra realtà e immaginazione”, tra conscio e subconscio, un luogo liminale e di indefinitezza. Le otto fotografie in mostra sono state realizzate durante l’ora blu, un momento tra veglia e sonno, sulla spiaggia, lungo una mutevole linea di confine tra maree e battigia, dove il corpo si fonde con l’ambiente circostante.

Dopo l’incursione nel sé di Chavez, Sara Lorusso guarda a una dimensione relazionale e, in Love is Love – Diario, ritrae dettagli di bocche, di abbracci, attimi di silenziosa condivisione, momenti di intimità relazionale e sentimentale, al fine di mettere in discussione una visione (tendenzialmente etero-) normativa delle relazioni, dei legami affettivi e dell’amore per sé e per gli altri. 

L’esposizione si chiude con Dialoghi dell’Ombra di Enrica Pontin, un’installazione incentrata sulla comprensione ed elaborazione del ricordo. Pontin mette insieme foto di archivio dei suoi ricordi, in una proiezione ed estroflessione dei ricordi e dei monologhi interiori dell’artista, dove luce e ombra convivono in equilibrio.

In questo percorso tanto ricco quanto variegato – e ricco proprio perché variegato –, il pubblico viene condotto oltre la soglia del privato, oltre la soglia di storie interiori e quotidiane, qui rese esplicite ed esposte per dare forma a una vibrante trama di esistenze. La mostra è un lavoro corale, dal quale emergono schegge di vita (e il riferimento, qui, è a Schegge di Lea Vergine, una raccolta di riflessioni sul ruolo dell’arte nella società odierna), messe tra loro in relazione per tentare di raccogliere e ricompattare la frammentarietà e la complessità dell’intimità umana, senza tuttavia avere la pretesa di restituirne la totalità o di raggiungere una definizione conclusa di intimità.

Il curatore, nel tentativo di delineare un personale significato di una parola altamente polisemica, sostiene che “L’intimità è uno di modi principali per riuscire a comunicare un sentimento, dire al mondo chi siamo. Vuol dire che sperimentando la propria intimità si impara a vivere”.

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