Catanzaro, scoperto il muro che fermò Spartaco

Anno 72-71 a.C. Nella zona compresa tra l’istmo di Catanzaro e l’attuale provincia di Reggio Calabria, si è ammassato ciò che resta delle bande di schiavi ribelli, capeggiate dal gladiatore Spartaco, che da quasi due anni stanno mettendo a dura prova la forza bellica di Roma. Non c’è modo di raggiungere la Sicilia: i pirati, dopo aver accettato l’offerta in oro per trasportare al di là dello stretto Spartaco e i suoi uomini, hanno reso onore alla loro professione e se ne sono andati, senza offrire alcun aiuto.

Da nord sta arrivando Marco Licinio Crasso, a cui il Senato ha concesso la pretura e otto legioni con il solo scopo di reprimere l’ennesima rivolta servile, che, però, in questo caso, sta creando più grane del previsto.

Statua di Spartaco opera di Denis Foyatier 1830 Museo del Louvre

Crasso ha un problema. Infatti, dopo aver a fatica sedato la rivolta di Sertorio in Hispania, sta tornando in Italia un altro astro nascente della politica di Roma, Gneo Pompeo Magno, con l’ordine da parte del Senato di dare man forte a Crasso. I due non sanno che di lì a qualche anno daranno vita a una delle alleanze politiche più importanti della storia di Roma, il cosiddetto primo triumvirato; sono ancora contendenti sulla scena di una repubblica arrivata ormai alle soglie della sua fine. Crasso sa di non poter permettere a Pompeo di fregiarsi in alcun modo del titolo di repressore della rivolta. Non può permettere ai ribelli di fuoriuscire dal cul de sac in cui si sono infilati. Ed è per questo che lo storico Plutarco, che di Crasso scrisse una biografia, ci informa che il pretore diede l’ordine di scavare una recinzione sull’istmo, che corresse da mare (Tirreno) a mare (Ionio), e di affiancarvi un muro alto e solido.

Lì, su quel muro, si sarebbe infranta la corsa di Spartaco e dei suoi uomini.

La foresta dove si vede un tratto del muro costruito da Crasso VisonaUniversità del KentuckyFondazione per larcheologia calabrese

Ed è lì che è irrotta l’archeologia, a provare a dare man forte alla testimonianza storiografica. Infatti, un programma di ricerche condotto dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia, in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Aspromonte, ha permesso la scoperta di una struttura muraria che attraversa per quasi 3 chilometri i boschi del Dossone della Melia, in prossimità del Passo di Cancelo, nel territorio comunale di Ciminà (RC).

La porzione muraria supera, nel tratto visibile, diversi ripidi dislivelli, un pianoro e, nel tratto conclusivo, anche un torrente. Si tratta, in realtà, di una riscoperta, gli escursionisti del luogo già da tempo hanno precisa cognizione di quei lacerti di muro. È stato, però, il lavoro di ricerca della Soprintendenza a gettare nuova luce sui resti di quell’opera umana e a permettere di avanzare una solida interpretazione di questa come del muro voluto da Crasso tra il 72 e il 71 a.C.

Una lama appuntita VisonaUniversità del KentuckyFondazione per larcheologia calabrese

Il ritrovamento di un consistente numero di armi o porzioni di esse, databili alla tarda età repubblicana e comprendenti, tra le altre cose, resti di spade, lame ricurve, una punta di lancia e due pila, i giavellotti in uso ai legionari, ha fornito, infatti, un convincente ancoraggio cronologico alla struttura, che potrà essere confermato (o eventualmente ricontestualizzato) solo da nuove indagini, peraltro già previste.

Per il momento, dunque, prendiamo per convincente una simile interpretazione e immaginiamoci quel muro come spettatore di uno degli eventi più celebri e importanti della fine della Repubblica a Roma.

Una punta di giavellotto piegata trovata nel sito VisonaUniversità del KentuckyFondazione per larcheologia calabrese

Spartaco e i suoi uomini troveranno effettivamente lì la morte (o una breve prigionia prima della croce), e questo nonostante una strenua lotta. Il piano di Crasso, dunque, centrò l’obiettivo della repressione della rivolta servile, ma non senza un colpo di coda, forse il più difficile da digerire per il pretore. Una parte dei ribelli, infatti, riuscì a sfondare le difese presso il muro di Crasso e a fuggire verso nord, venendo però intercettata e massacrata proprio dalle legioni di Pompeo. Quest’ultimo, che nulla di concreto aveva fatto per sedare la vera rivolta, poté, comunque, fregiarsi del merito di aver posto mano anche alla fine del bellum servile, ottenendone persino un trionfo.

E possiamo solo immaginare quanto Crasso abbia desiderato nei mesi successivi che quel muro e le difese apprestate avessero retto del tutto.

Vittoria o sconfitta? Ai posteri l’ardua sentenza…

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