Eccoci di nuovo qui a parlare di Taş Tepeler, del Şanlıurfa Neolithic Research Project, e della punta di diamante di tutto ciò, Göbekli Tepe. Sembra che non si voglia parlare d’altro, e che nel mondo non succeda altro di archeologicamente rilevante, ma non prendetevela con me (né con la redazione di Artuu), è l’Ufficio stampa del Ministero della Cultura e del Turismo turco che ha un tempismo degno dei colpi di scena delle migliori soap opera nel comunicare le nuove notizie di scavo. E – indubitabilmente – sono tutte notizie veramente interessanti.
Questa volta il ministro in persona, in visita ufficiale al sito di Göbekli Tepe assieme alla principessa Akiko di Mikasa, rappresentante all’estero della famiglia imperiale giapponese, ha ufficializzato alla stampa la scoperta di una statua dalle chiare ed evidenti fattezze umane. Fin qui non ci sarebbe nulla di stratosferico, lo stesso ministro ha ammesso che simili ritrovamenti sono stati già fatti a Karahan Tepe, un altro dei siti facenti parte di Taş Tepeler; la cosa veramente interessante di questa statua è – piuttosto – la sua posizione.
È stata, infatti, rinvenuta tra la Struttura B e la Struttura D (se volete saperne un po’ di più su queste strutture e sull’organizzazione generale della “collina panciuta”, vi rimando come sempre alla puntata del podcast Ceraunia – Storie di Archeologia che ne parla), incastonata all’interno del muro di un ambiente, proprio alla base. Questo posizionamento così peculiare non sembra proprio essere casuale, né tantomeno può essere spiegato in termini razionali, come utilizzo strutturale di materiale di reimpiego: piuttosto, la scelta di adagiare la statua umana proprio in quel punto sembra essere stata intenzionale, deliberata e, soprattutto, simbolica, espressione di una qualche forma di deposizione rituale.

La datazione – anche per ovvie motivazioni stratigrafiche – è la medesima delle strutture del sito, 12.000 anni or sono, e dunque questa statua aggiunge un ulteriore piccolo grande tassello al puzzle delle pratiche rituali e simboliche che le comunità locali celebravano a Göbekli Tepe e nei siti circostanti nel lungo periodo di transizione tra il nomadismo e il sedentarismo. Pratiche ormai notoriamente e visivamente esemplificate dai grandi pilastri a T e dalle monolitiche ed enigmatiche figure antropomorfiche, bestiali e metamorfiche, di cui – nonostante le tante ricerche e interpretazioni – ancora sappiamo molto molto poco (e forse non ne sapremo mai molto, data la distanza cronologica e culturale da quel contesto…), ma che accendono una luce molto importante sull’universo umano del Neolitico e sulla sua complessità. La deposizione rituale di statue e idoli in genere è un gesto che esprime volontà e simbologie diverse di luogo in luogo e di tempo in tempo, ma che attraversa la storia dell’uomo in modo trasversale e continuo. Ritrovarne un esempio così evocativo a Göbekli Tepe non ne rivela di certo le motivazioni, ma quantomeno suggerisce che la gestualità e i modi di espressione dell’uomo sono ricorrenti.
Ci accomunano. Anche a distanza di millenni.


