Venerdì 4 aprile ho avuto l’opportunità di visitare in anteprima AMA Venezia, un nuovo spazio privato dedicato all’arte contemporanea, fondato dal collezionista Laurent Asscher. Situato nel sestiere Cannaregio, in Fondamenta de Ca’ Vendramin 2395 a Venezia, AMA si presenta come un luogo raffinato di incontro tra arte, memoria e architettura.
Lo spazio nasce dalla volontà di Laurent Asscher di condividere la propria collezione d’arte con il pubblico, trasformando un’ex saponificio in disuso in un centro espositivo permanente. L’edificio, restaurato con un progetto firmato dallo studio veneziano TA Torsello Architettura, ha mantenuto la sua anima industriale: i muri originali, che hanno più di 600 anni, sono rimasti intatti, mentre i pavimenti sono stati rifatti per proteggerli dall’acqua alta, e il tetto è stato restaurato, sempre con un profondo rispetto per l’essenza dell’edificio.
Asscher sottolinea l’importanza di far parte di un ecosistema dinamico, citando esempi come Peggy Guggenheim, François Pinault e Miuccia Prada, che hanno aperto le loro collezioni al pubblico a Venezia. L’edificio ospita mostre dedicate ad artisti attivi dal 1960 a oggi, con particolare attenzione alla scena americana. Il progetto non punta alla quantità di pubblico, ma alla qualità della fruizione: AMA è pensata come uno spazio intimo, lontano dalla frenesia del turismo di massa.
La mostra di apertura – visibile dal 9 aprile 2025 – esplora il tema del gesto pittorico in relazione alle tecnologie della riproduzione. In esposizione, opere di artisti come Wade Guyton, Elizabeth Peyton, Refik Anadol, David Hammons, Salman Toor, Jacqueline Humphries, Avery Singer, Jordan Wolfson, Jeff Koons e altri, che mettono in discussione i confini tra manualità e automazione, analogico e digitale, realtà e finzione. La curatrice del catalogo della mostra, Nancy Spector, già vice direttrice e Chief Curator del Museo Solomon R. Guggenheim di New York, spiega che la selezione si concentra principalmente sulla pittura, per contemplare la tensione dinamica tra la riproduzione meccanica e il gesto in relazione alla creazione di segni, una componente essenziale delle composizioni artistiche.

Tra le opere in mostra, spicca Female Figure di Jordan Wolfson, un robot animatronico che balla al ritmo di musica pop fissando gli spettatori negli occhi, rappresentando il rapporto tra tecnologia, provocazione e riflessione sociale. Altre opere includono la riproduzione in bronzo fuso di un giocattolo gonfiabile raffigurante l’incredibile Hulk di Jeff Koons, e le astrazioni cromatiche di Refik Anadol realizzate dai prompt di intelligenza artificiale che elaborano enormi quantità di dati. Proprio recentemente l’artista turco – naturalizzato americano – ha stabilito un record d’asta per l’IA con la sua opera della serie Machine hallucinations da Christie’s al Rockefeller Center di New York, per un totale di 277mila dollari, e presenta fino al 19 ottobre al Guggenheim di Bilbao la spettacolare installazione immersiva Living architecture: Gehry, opera omaggio all’architetto Frank Gehry, progettista del museo spagnolo.
Durante la mia visita, ho avuto il piacere di incontrare Laurent Asscher, che mi ha accompagnata in un tour personale dello spazio assieme a Capucine Milliot, ufficio stampa e PR. Di seguito, l’intervista completa, in cui il fondatore racconta la genesi di AMA, le scelte curatoriali e la visione futura del suo spazio dedicato all’arte contemporanea.

Partiamo dall’inizio: qual è stato il momento chiave che l’ha portata a trasformare la sua collezione privata in uno spazio pubblico come AMA Venezia?
Una volta che si diventa collezionisti seri, con un numero significativo di opere, e si desidera instaurare un dialogo profondo con gli artisti, condividere quell’arte con gli altri diventa un passo naturale. Tenere tutto a casa o nei depositi mi sembrava egoistico. Aprire uno spazio pubblico – a misura d’uomo – è stato un modo per condividere le opere straordinarie che ho acquisito e per organizzare mostre che includano anche lavori provenienti da altre collezioni.
Perché ha scelto Venezia?
Vivo a Monaco, il secondo Stato più piccolo del mondo dopo il Vaticano, e lì è praticamente impossibile realizzare uno spazio per l’arte di dimensioni adeguate. Venezia, al contrario, mi è sembrata la scelta perfetta. La città sta diventando un importante polo per le realtà culturali, e sono stato ispirato da pionieri come Peggy Guggenheim e François Pinault.

La sua collezione è incentrata su artisti contemporanei dal 1960 a oggi, con una particolare attenzione a quelli americani. Cosa l’ha attratta in questa specifica area dell’arte?
La visione della mia collezione è incentrata principalmente sull’arte contemporanea, con un’attenzione particolare agli artisti americani o a quelli che hanno vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Ho trascorso molto tempo negli USA, sia per lavoro che nella vita privata, ed è lì che ho davvero approfondito la mia conoscenza dell’arte, visitando musei, gallerie e comunità di artisti. Per me, la scena artistica americana è tra le più dinamiche e lungimiranti.
La collezione copre principalmente opere dagli anni Settanta a oggi, anche se possiedo alcuni pezzi più datati, degli anni Cinquanta. Una parte significativa della raccolta è dedicata ad artisti viventi, perché credo sia fondamentale collezionare l’arte del proprio tempo, non solo quella delle generazioni passate. Detto ciò, possiedo anche opere di artisti come Cy Twombly, Picasso, Brice Marden e Basquiat. Sebbene mi sia concentrato soprattutto sulla pittura e la scultura, recentemente ho iniziato a collezionare anche video arte.
AMA Venezia non punta sul numero di visitatori, ma sulla qualità dell’esperienza offerta. Come definirebbe un’esperienza ideale per un visitatore?
Quello che vorremmo fare con AMA Venezia è concentrarci davvero sulla qualità della mostra e dell’esperienza. Questo significa che il nostro intento non è puntare alle mostre commerciali, quanto più produrre mostre di alta qualità. E come possiamo definire una mostra di alta qualità? Innanzitutto dalla qualità delle opere d’arte esposte. Ma per noi c’è qualità anche quando un visitatore consiglia ad altre persone di venire a visitare la mostra: credo che questa sia la cosa più bella che si possa ottenere: il passaparola.
L’inaugurazione presenta opere di artisti che esplorano la relazione tra il gesto pittorico e la riproduzione meccanica. Perché ha scelto questo tema per la mostra di apertura?
Ho lavorato per molti, molti anni nel campo della tecnologia, e ho trovato molto interessante passare dal gesto assoluto di un pittore alle espressioni più tecnologiche dell’arte contemporanea, come quelle di Jordan Wolfson, con la sua female figure del 2014, o di Refik Anadol, con le sue opere realizzate con l’intelligenza artificiale. Mi è sembrato molto stimolante mostrare cosa significhi oggi realizzare una mostra legata allo spirito del tempo.
La mostra resterà aperta fino al 3 novembre 2025, offrendo un lungo periodo di esplorazione per visitatori, collezionisti e appassionati.