Addio Daniel Spoerri, maestro indiscusso della poetica dell’ordinario

Se n’è andato placidamente, ieri sera in un ospedale di Vienna, a 94 anni. Daniel Spoerri è stato uno degli artisti più “trasformativi” del Novecento, un esploratore dell’ordinario e un maestro nel catturare, attraverso ironia e intuizione, frammenti di realtà intrisi di poesia. Pioniere della Eat Art e fondatore del gruppo Nouveau Réalisme, la sua è stata una lotta per la riaffermazione della quotidianità vista come un territorio di riflessione e incanto, con gli oggetti comuni elevati in testimonianze dell’essere, e fissando momenti di intimità in “quadri trappola” capaci di ristritturare il concetto di tempo in una dimensione sospesa. Spoerri ha preso il readymade duchampiano e ci ha costruito una dimensione narrativa e relazionale: non è la scelta dell’artista a creare l’opera, ma è la vita stessa.

Nato come Daniel Isaac Feinstein a Galați, in Romania, nel 1930, Spoerri giunse in Svizzera con la madre nel 1942, fuggendo dall’orrore nazista che gli aveva strappato il padre. Questa frattura iniziale nella sua vita segna anche il suo primo incontro con la diaspora culturale che diventerà parte integrante del suo stile: l’essere in perenne movimento, alla ricerca di una casa che forse trovò solo in parte tra le dolci colline della Toscana. Prima di approdare al mondo delle arti visive, Spoerri iniziò come danzatore al teatro di Berna e divenne étoile nella danza. Successivamente, a Parigi negli anni ’50, assorbì l’energia e le sperimentazioni della capitale culturale d’Europa, intraprendendo anche l’attività di editore con la fondazione della MAT Edition (Multiplication d’Art Transformable), un progetto che anticipava il tema della riproducibilità e diffusione dell’arte, ripreso poi dal concettualismo e dall’arte povera.

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In quel periodo Spoerri si avvicina alle avanguardie parigine, condividendo lo spirito irriverente e il gusto per l’assemblaggio con artisti come Jean Tinguely, Niki de Saint Phalle, Yves Klein e Arman. Fu tra i fondatori del movimento del Nouveau Réalisme nel 1960, un gruppo che, sulla scia della Pop Art, intendeva restituire agli oggetti d’uso quotidiano una vitalità e una sacralità dimenticate. Spoerri portò questa intuizione all’estremo con i suoi celebri tableaux-pièges o “quadri trappola”, in cui incollava oggetti ordinari su superfici verticali, cristallizzando le scene di un pasto, di un tavolo o di un momento vissuto. La forza di questi lavori non risiede soltanto nel loro aspetto visivo, ma nel modo in cui inducono l’osservatore a ripensare la propria relazione con gli oggetti, il cibo, e persino il proprio ruolo di consumatore.

La “Eat Art” e il trionfo dell’ordinario

Nel 1967, Spoerri concepisce un’idea destinata a segnare il suo percorso e a influenzare profondamente la percezione del cibo nell’arte: nasce la Eat Art. Mentre la cultura del consumo esplodeva a livello globale, Spoerri intuì che il cibo, elemento tanto effimero quanto essenziale, potesse diventare il veicolo ideale per esplorare le dinamiche sociali e culturali. Il cibo si trasforma così da semplice nutrimento a simbolo, da strumento a protagonista dell’esperienza artistica. Spoerri aprì il Ristorante Spoerri a Düsseldorf nel 1968, un luogo in cui i pasti consumati dagli ospiti venivano poi immortalati nei suoi tableaux-pièges, trasformandosi in opere che criticano e celebrano, con una fine ironia, l’atto stesso del nutrirsi. Gli avanzi, i piatti sporchi e i bicchieri rovesciati diventano così testimoni silenti di una convivialità interrotta ma fissata per sempre, un tributo alla caducità del gesto umano.

La Eat Art segna un momento cruciale nella carriera di Spoerri, in cui l’artista si emancipa dai linguaggi dell’avanguardia per abbracciare una dimensione di esperienza totalizzante, dove l’arte non è da vivere, gustare e condividere. Questa corrente lo rende celebre a livello internazionale, consacrando il cibo come medium artistico e anticipando riflessioni che diventeranno centrali decenni dopo, con l’emergere di pratiche partecipative e site-specific.

Courtesy Fondazione Il Giardino di Daniel Spoerri

L’eredità del Giardino di Daniel Spoerri

Negli anni ’90, Spoerri scelse l’Italia come luogo d’adozione, fondando un parco d’arte contemporanea a Seggiano, sul monte Amiata. Il Giardino di Daniel Spoerri diventa il suo capolavoro, un museo a cielo aperto che accoglie oltre cento opere tra sculture e installazioni di artisti provenienti da tutto il mondo, in un’armoniosa fusione con la natura toscana. Questo luogo, nato dalla sua sensibilità, non è solo una collezione, ma una sorta di autobiografia tridimensionale, un tributo alla forza creativa e alla bellezza della collaborazione artistica.

Il Giardino riflette l’animo cosmopolita di Spoerri e il suo amore per la contaminazione tra culture, tecniche e materiali. Qui, il visitatore è invitato a camminare in un percorso che si snoda tra ulivi e prati, circondato da sculture che dialogano silenziosamente con il paesaggio. Ogni installazione rappresenta un frammento di vita o una memoria, un’intuizione poetica fissata nella pietra o nel bronzo. Per la comunità locale e per i visitatori di tutto il mondo, questo parco è una testimonianza della capacità di Spoerri di rendere eterno ciò che, per sua natura, è destinato a svanire.

Spoerri fu un artista irriverente, capace di esplorare il mondo con una curiosità che lo portò a sperimentare molteplici discipline e linguaggi. Le sue sculture e installazioni, spesso composte da oggetti di recupero o materiali etnografici, riflettono una poetica dell’oggetto che affonda le sue radici nella tensione tra il valore simbolico e l’aspetto triviale. Gli “oggetti etnosincretistici” degli anni ’70 e ’80, dove maschere e figure tribali si fondono con utensili della cultura popolare europea, sono un esempio perfetto di come l’artista operi con ironia, svelando l’assurdità e la bellezza di un mondo globalizzato.

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La sua ultima mostra: l’addio con Gaburro

La sua ultima esibizione si è tenuta alla Galleria Gaburro di Milano, una mostra che si è rivelata un vero e proprio commiato artistico. Qui, Spoerri ha esposto lavori recenti che portano in sé tutta la maturità e la delicatezza di un percorso che non ha mai smesso di evolversi. Le opere esposte dialogano con il concetto di memoria e di tempo, temi che da sempre hanno accompagnato la sua ricerca, ma che in questa occasione assumono una nota malinconica, quasi fosse un testamento simbolico. La mostra è stata un’occasione per riabbracciare il pubblico italiano, a cui Spoerri era profondamente legato, e per confermare la sua posizione come maestro indiscusso della poetica dell’ordinario.

Daniel Spoerri ha saputo trasformare i detriti dell’esistenza quotidiana in poesia, donando agli oggetti e ai gesti più banali un senso di eternità. Il suo lascito è il dono di una nuova prospettiva, la capacità di scorgere nell’ordinario l’invisibile velo del vissuto. Con la sua morte, l’arte perde uno dei suoi grandi innovatori, ma la sua opera e il suo giardino continuano a parlarci, testimoniando la sua visione audace e il suo spirito indomito. Il Giardino di Daniel Spoerri resterà un luogo dove l’arte e la natura si fondono, dove la memoria di un uomo e la sua ironia eterna ci accompagnano, ricordandoci di celebrare la bellezza del quotidiano.

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