A ogni arte la sua bellezza: “I tempi del Bello” ai Musei civici di Domodossola

La mostra I tempi del Bello a Domodossola presenta il costante riferimento ai modelli formali, etici e spirituali della classicità, dal mondo antico alla metà del Novecento. 

Il piccolo comune piemontese di Domodossola ha deciso di reagire ai limiti della propria posizione periferica e ha scelto di farlo con una mostra alquanto ambiziosa, dal titolo I tempi del Bello. Tra mondo classico, Guido Reni e Magritte, ospitata dai Musei civici “Gian Giacomo Galletti” a Palazzo San Francesco. L’esposizione, inaugurata il 18 luglio 2024 e aperta al pubblico fino al 12 gennaio 2025, intende ricostruire il costante riferimento, attraverso i secoli, ai modelli formali e ai valori etici e spirituali della classicità. 

Pompeo Borra, Ritratto di Achille Funi, Mart, 1920

La mostra è frutto di un vero e proprio processo collaborativo, interdisciplinare e di rete tra numerose realtà. È stata ideata e curata da Antonio D’Amico, Direttore e Conservatore del Museo Bagatti Valsecchi, Stefano Papetti, Conservatore delle collezioni comunali di Ascoli Piceno, e Federico Troletti, Conservatore dei Musei Civici “G.G. Galletti”; ognuno ha messo in gioco le proprie competenze al fine di far parlare tra loro secoli differenti, tutti approfonditi nelle loro specificità.

Il punto di partenza ideale è l’epoca di Fidia, Mirone e Policleto, sotto l’egida della kalokagathìa, ovvero la consonanza di una bellezza formale e morale, di cui personaggi epici quali Achille erano piena espressione. Il visitatore, a partire da tale rimando letterario, ha l’occasione di viaggiare tra le polarità del passato e del presente, nel mezzo delle quali si colloca il Rinascimento, punto di riferimento con i maestri Michelangelo e Raffaello; al Romanticismo, invece, si guarda per la definizione leopardiana di “Tempo del Bello”, identificato nella Grecia del V secolo a.C. e ripreso da Antonio Canova (di cui è esposto il Ritratto di Paolina Bonaparte, in prestito dal Museo Napoleonico di Roma), riconosciuto dal poeta recanatese quale artista che meglio ha saputo dare espressione al connubio di bellezza e nobili sentimenti, da cui scaturisce il bello ideale.

Renè Magritte. Rena a la fenetre, 1937

La mostra, avanzando dalla statuaria di età romana, ricostruisce un percorso di reminiscenze classiche attraverso quaranta opere realizzate da mani che vanno da quelle di Ludovico Carracci e Guido Reni, fino a Canova e, infine, a Campigli e Magritte, esponenti, ognuno a proprio modo, del novecentesco “Ritorno all’ordine”. Con tecniche e media diversi, qui tutti reciprocamente posti in dialogo dal punto di vista formale o di soggetto, gli artisti hanno ricercato i propri “Tempi del Bello”, guardando a un ideale ripreso dai modelli classici e adattato alle esigenze culturali (e propagandistiche, se si prende in esame la Composizione monumentale con statua equestre di Mario Sironi, espressione della più alta propaganda fascista) dell’epoca.

Mario Sironi, Composizione,1950 ca

In mostra si è voluto porre in un contrasto generatore di senso la perfezione assoluta canonicamente identificata con la statuaria romana e l’imperfezione dei secoli successivi (e in questo senso è assai significativo l’accostamento tra il Torso virile di prima età imperiale e l’Imago Pietatis di Achille Funi), consentendo così di affermare, riprendendo e modificando leggermente una citazione secessionista, “a ogni epoca la sua arte e a ogni arte la sua bellezza”.

L’esposizione offre, altresì, la preziosa opportunità di vedere in un contesto singolare, e per la prima volta, alcune opere della statuaria romana; inoltre, ha il merito di aver fatto giungere a Domodossola il San Sebastiano di Ludovico Carracci (proveniente dalla Pinacoteca della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi di Gravina di Puglia) e due capolavori di Guido Reni, l’Annunciazione della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno e il San Sebastiano di collezione privata, tutti e tre espressione di un’ideale di perfezione e di una tensione verso il divino che allieva dal dolore della carne e sublima quest’ultimo.

Guido Reni – ANNUNCIAZIONE – Ascoli Piceno Musei Civici

Sono inoltre esposte alcune piccole sculture rinascimentali, qui rilevanti tanto come testimonianza del gusto per l’Antico sviluppatosi dopo le scoperte archeologiche di inizio Cinquecento (in primis del Laocoonte), quanto come rimando al tema della riproduzione e del falso: così, dal singolo (ma colossale) tema della ripresa della cultura classica, I tempi del Bello apre a numerose altre riflessioni, presentandosi come una mostra dalla spiccata impostazione didattica ed educativa.

Se, dunque, come sostiene Ungaretti, il classicismo non è altro che “Confidenza con i buoni autori”, le stanze de I tempi del bello sono animate da un dialogo fitto e intimo, frutto di una confidenza profonda, tra cronologie, soggetti rappresentati, tecniche, artisti, curatori e visitatori. 

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