Arte e identità di genere: davvero l’arte è donna o uomo?

Libere riflessioni sull’identità di genere nel mondo dell’arte tra percezione umana, pregiudizi, scienza e attualità.

Pensate che l’arte abbia un genere? Siamo talmente abituati a guardare l’opera attraverso i suoi soggetti che a volte non riflettiamo su chi l’ha creata. La neuroestetica ci insegna che la corteccia visiva del cervello elabora forme, volti, colori come modelli costanti, ma non esiste una costanza nella risposta emotiva di ognuno di noi. L’essere umano predilige il generale al particolare poiché riconosce gli attributi essenziali che ha memorizzato nelle sue esperienze precedenti; per comprendere la reazione all’arte, subentrano meccanismi di percezione che delineano le risposte celebrali in relazione agli stimoli.

Non voleva essere un trattato scientifico, ma d’altronde è doveroso conoscere la nostra percezione e le dinamiche che intercorrono tra i nostri occhi e il nostro cuore davanti ad un’opera. Come mai non ci si sofferma mai troppo sulla persona che ha dato vita all’oggetto che abbiamo davanti? Ad immaginare il tempo indefinito passato davanti alla tela o a modellare l’argilla? Le didascalie stampate su anonimi cartelli bianchi ci possono offrire scarni dettagli sull’autore e sul soggetto, ma raramente leggeremo il moto interiore che porta una persona a creare, a meravigliare il pubblico, a dare forma ai sentimenti.


Barbara Kruger, Untitled (We Don’t Need Another Hero), 1987. © Barbara Kruger Courtesy, Mary Boone Gallery, New York.

Ad oggi esistono ancora pregiudizi nei confronti di artiste donne, esiste ancora una spaventosa differenziazione delle opere basata sul sesso dell’artista in questione, esistono ancora ignoti meccanismi del cervello umano che portano ad indirizzare il gusto su celebri opere maschili e non su quelle del “gentil sesso”. Di “gentil” non dovrebbero avere nulla le donne che si affacciano al mondo dell’arte, che si ritrovano a combattere all’interno di un sistema che per secoli le ha sempre accantonate ed umiliate, prima di accorgersi del loro immenso valore. Secondo un esperimento condotto da alcuni studiosi, le opere vengono valutate in maniera differente a seconda del nome affiancato loro, assegnando maggior valore economico a quelle realizzate da artisti uomini. La superficialità, associata all’assurdo assetto commerciale del mercato, provoca l’immediata e diffusa svalutazione delle artiste donne che operano al suo interno.

Come si chiede la storica dell’arte Linda Nochlin “Perché non ci sono state grandi artiste donne?”, un interrogativo pungente e allarmante, elaborato a partire da un’attenta lettura del contesto socio-culturale che ha visto la lenta e sofferta affermazione delle donne nell’arte. Questa riflessione non ha come obiettivo generalizzare il maschilismo, né quello di affibbiare l’attributo di “vittima” a tutte le artiste donne della storia, ma ambisce a rendere giustizia alle donne che hanno lottato duramente solo per ottenere il legittimo diritto ad esercitare la propria arte senza limiti o pregiudizi.

L’arte è quindi donna? O semplicemente dovrebbe accogliere ogni manifestazione di creatività indipendentemente dal genere dell’autore? Sono domande che oggi, nella società in cui viviamo, dovrebbero insinuarsi nella mente di ognuno di noi, mentre passeggiamo attoniti in un museo, ignari della sacralità di quest’ultimo e della difficoltà con la quale si viene accolti al suo interno.

Cover Photo Credits: Elliot Erwitt, Madrid Museo del Prado, 1995. Museo Reina Sofia, Madrid.

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