THE SENSITIVE THUG

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Stylist e Creatore d’Immagine, Ibrahim Kamara è uno degli emergenti più promettenti dell’intero fashion-system. Seguendo un percorso in cui moda, arte e riflessione sociale s’interconnettono, il suo lavoro punta al di là dell’abbigliamento stricto sensu per aprirsi all’urgenza di quelle domande che spesso decidiamo deliberatamente di ignorare.

Mascolinità, genere, razza. Qual’è il reale significato di questi concetti? Interagiscono tra loro? In quale modo? E la Moda cos’ha a che fare con tutto questo? Sono tutti interrogativi a cui Ibrahim Kamara, giovane creativo nato in Sierra Leone e cresciuto in Gambia, cerca di dare una risposta.

 

via dazeddigital.com

 

Fin da giovanissimo le doti di Ibarahim non passano inosservate. Martin Andersen, suo insegnate alla Central Saint Martins, lo ha definito come  “uno degli studenti più talentuosi con cui ho avuto il piacere di interfacciarmi”.

Non stupirà quindi che, lo scorso anno, il suo progetto finale presso la blasonata School of Art and Design si sia evoluto come parte di una mostra presso il London arts centre Somerset House.

Utopian Voices Here and Now è il titolo di un’esposizione nata con l’obbiettivo preciso di imporre una riflessione provocando, istigando e insinuando. Attraverso differenti linguaggi mediali artisti diversi vengono allora invitatati a forgiare la propria conturbante Utopia in rapporto alle più grandi problematiche sociali.

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In questo contesto, insieme alla fotografa Sudafricana Kristin Lee-Moorman,  Kamara presenta 2026: un progetto di stile che s’interroga sui limiti della moda immaginando l’evoluzione dell’abbigliamento maschile nei prossimi dieci anni, nello specifico in relazione alla mascolinità nera”. IB mette sul piatto molto di sé stesso, quella rappresentata è anche la sua storia, il racconto di quanto ha dovuto precedentemente nascondere e che oggi decide di celebrare.

Degli scatti, gli esperti hanno subito notato la vicinanza allo stile Buffalo, avanguardia radicale degli anni ’80 che ha riscritto i codici vestimentari abbinando aviator jacket, copricapi sproporzionati, spille pompose e completi Armani.

 

The Face, March 1985.

 

Il Movimento metteva in relazione un gruppo ristretto di fotografi, stylist, modelle/i (tra cui Naomi Campbell) e musicisti come Neneh Cherry che, nel 1988, incise l’hit  Buffallo Stance.

La compagine, che definirà il mood di radical fashion magazine come The FACE, i-D e Arena, vantava tra i propri esponenti Ray Petri, il fotografo Jamie Morgan e Barry Kamen, futuro mentore dello stesso Ibrahim. “Passare lunghi pomeriggi e serate intere conversando, solo io e lui, nel suo studio mi ha enormemente ispirato. Mi ha insegnato a essere indipendente e creare qualunque mondo io voglia creare.”

In merito alla scelta del giovane, Shonagh Marshall (curatrice dell’esposizione) ha sottolineato di come egli incarni uno dei perfetti esempi in cui gli abiti partecipano in modo decisivo alla costruzione dell’identità.

Lo stylist rappresenta inoltre una delle voci di quella che è stato nominata New Africa: un movimento che riunisce artisti africani, e figli di immigrati della stessa nazionalità, attorno ad un dibattito creativo che discute su tematiche come l’identità e il genere creando un’estetica inedita.

Se per Ibrahim Kamara l’Africa rappresenta la terra materna e una parte del suo essere, Londra è invece un luogo d’elezione. In compagnia di una generazione di artisti, stilisti, musicisti e modelli, Kamara ha deciso infatti di partecipare alla rinascita della capitale inglese. Sempre in bilico tra una genesi nuova di zecca e il recupero di un passato da non cestinare del tutto, la sua produzione visuale è tanto bella quanto tormentata e dilaniata dalla fame di risposte.

“Credo che se vuoi essere uno stylist, devi farlo proprio ora. Non ha senso aspettare. Ultimamente ho fatto lavori in cui ero stylist, fotografo e direttore creativo, tutto insieme. ho una visione e non voglio dover aspettare che gli altri capiscano il progetto. Continuo a muovermi. È la nostra generazione. Lo facciamo e basta.”

Nel 2017 Kamara ha curato la campagna della stagione ormai al termine per Stella McCartney, che sul suo sito scrive: “Attraverso il suo styling, ispirandosi sempre al dialogo tra la sua eredità africana e la cultura giovanile contemporanea, IB sembra esplorare e spingere oltre i confini.”

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È lui stesso a raccontarci quale sia il significato che attribuisce a questi scatti: “ Per me si tratta di celebrare il lato nascosto di questi bellissimi giovani. È qualcosa che riguarda i ragazzi che non sono definiti dall’ambiente in cui vivono. L’idea di una Nuova Africa: l’Africa che, per quanto piccola, si è riuscita a costruire la propria subcultura. L’Africa che è aperta al dialogo e a nuove espressioni di creatività”.

L’ultima creazione di Ibrahim è Coachie, fanzine in edizione limitata uscita come progetto Takeaway dell’evento Late at Tate Britain: Stance. Insieme a Kristin-Lee Moolman, IB si ispira all’abbigliamento dei ritratti esposti alla Tate e immortala i giovani di Johannesburg. Come sempre c’è qualcosa di fortemente autobiografico nel lavoro di Kamara. Coachie è infatti il soprannome con il quale Ibrahim fu battezzato durante l’infanzia; Kamara lo prende e lo trasforma in un entità a sé stante, da declinare a sua volta in diversi personaggi.

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Partecipando con Coachie a Late at Tate Britain: Stance IB decide nuovamente di prendere parte ad un dibattito che intende l’estetica come precisa scelta politica.

Reputarla troppo superficiale per essere importante sarebbe molto semplice, ma, ci avvertono, è profondamente sbagliato.

Una discussione condotta da Finn Mactaggart e Rhea Dillon, le installazioni di Jenna Young, il workshop organizzato da Bethany Williams e, ovviamente, Coachie sottolineano come invece essa condizioni la nostra vita quotidiana e di quanto sia importante interrogarsi sulle modalità attraverso le quali riesce a esercitare questo potere.

Il suo slogan suo Tumblr recita “The sensistive Thug”, perfetto per un insider che non cerca di compiacere il lato corporativo del fashion-system, quanto piuttosto di scuoterne le coscienze. È proprio questo il destino della generazione Do It Yourself, parola di Ibarahim Kamara !

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